Giorno 10 – 9 agosto 2011
Previsioni di ventone da Ovest (per i velisti in ascolto: 35-40 nodi, per i
surfisti: vento fotonico!) a partire dal primo pomeriggio. Una 15ina di miglia
scarse ci separano dall’arcipelago così, zitti zitti di buon ora prendiamo il
largo dalla baia di Palombaggia con rotta 180° sicuri di coprire la distanza
prima dell’arrivo della botta di vento. Ci riusciamo? Quasi.
Navigazione esaltante, prima togliamo il genoa, poi riduciamo la randa, ma la barca regge benissimo il mare e il vento (al traverso). Polverizziamo la distanza che ci separa dalla Sardegna e per mezzogiorno siamo tra S.Maria e Corcelli! Ajooooo in Sardegna siamo!!!
Navigazione esaltante, prima togliamo il genoa, poi riduciamo la randa, ma la barca regge benissimo il mare e il vento (al traverso). Polverizziamo la distanza che ci separa dalla Sardegna e per mezzogiorno siamo tra S.Maria e Corcelli! Ajooooo in Sardegna siamo!!!
Poi il fattaccio. Un’onda più cattiva delle altre colpisce il pozzetto da
sotto con forza. Qualcosa si è mosso, qualcosa ha ceduto ed è un attimo. Una
parte del pozzetto è in mare, le travi hanno spaccato le forcelle che le
tenevano in posizione. Gli scafi sono tenuti assieme solo dai cimini.
Abbiamo il buon senso di non tuffarci in mare a recuperarlo, non possiamo
usare il motore e la velatura non è adatta al vento che c’è. Lo salutiamo
caramente e lo vediamo sparire piano piano.
Ok, tutto il resto è in ordine? Sembra di sì. Governare in queste
condizioni è però un esercizio da equilibristi; non possiamo usare il resto del
pozzetto, dobbiam strisciare sugli scafi e muoverci a pruavia dell’albero per
passare da una parte all’altra; il vento ora inizia a rinforzare veramente e la
randa con una mano non è sufficiente. Peccato che la prima mano è anche l’ultima…
(bisogna sbattere la testa contro il muro prima di capire!!)
Che si fa? Barca danneggiata, difficoltà di governo… mmm meglio puntare
terra, va! Verso Maddalena dunque, proviamo a muoverci a secco di tela, ma lo
scarroccio è troppo forte e il vento ci sta spingendo oltre Caprera, verso il
largo.
Ultima soluzione, alziamo un metro e mezzo di randa e uno di noi funge da “punto-di-scotta-umano”; sembra funzionare.
Vediamo una spiaggia all’orizzonte, Cala Garibaldi, e cerchiamo di puntarla. Ci riusciamo? Quasi… Lo sforzo per tenere a mano quel fazzoletto di randa è impressionante, non ce la facciamo più e la barca scarroccia ulteriormente. Gli scogli del versante Nord Ovest di Caprera si fanno sempre più vicini. Ora, per chi non lo sapesse, quel lato di Caprera è assolutamente selvaggio, inospitale, con calette microscopiche e macigni di granito affioranti in mezzo al mare.
Ultima soluzione, alziamo un metro e mezzo di randa e uno di noi funge da “punto-di-scotta-umano”; sembra funzionare.
Vediamo una spiaggia all’orizzonte, Cala Garibaldi, e cerchiamo di puntarla. Ci riusciamo? Quasi… Lo sforzo per tenere a mano quel fazzoletto di randa è impressionante, non ce la facciamo più e la barca scarroccia ulteriormente. Gli scogli del versante Nord Ovest di Caprera si fanno sempre più vicini. Ora, per chi non lo sapesse, quel lato di Caprera è assolutamente selvaggio, inospitale, con calette microscopiche e macigni di granito affioranti in mezzo al mare.
Basta, a Cala Garibaldi non arriveremo, gli scogli sono qui, a pochi metri…
gettiamo tutte le ancore che abbiamo e speriamo che facciano presa prima di
sfasciarci sul granito.
Scadiamo, scadiamo, scadiamo e… tac! Non scadiamo più, salvi, a pochi metri
un meraviglioso bastione di granito rosso. Per ora le ancore reggono, ma la
situazione non è sicura, siamo esposti al vento e al mare, tra poco tempo
potrebbero mollare e buttarci sugli scogli.
Decidiamo dunque che la cosa migliore da fare sia di portare a terra le
cose importanti e tentare di andare al CVC per vedere se ci possono consigliare
sul da farsi.
Ci incamminiamo dunque verso la base. Niente sentiero, macchia mediterranea
tutto intorno; fitta acuminata, impenetrabile, inestricabile. Arriviamo
finalmente a Cala Garibaldi e da lì otteniamo un passaggio fino al CVC. Lì ci daranno il permesso di ormeggiare a Cala Fico per il giorno dopo (se la
barca non sarà andata a scogli nel frattempo) e ci consentiranno di appoggiarci
alla carpenteria per qualche piccola lavorazione.
Non avendo ricevuto una “grande” ospitalità decidiamo di ritornare alla barca nottetempo. Ovviamente di nuovo “macchia”, stavolta in notturna. Ragni, granito, rovi, sbalzi, fango, acqua, spine, arriviamo a dover strisciare sotto dei cespugli tanto è fitta in alcuni punti; strisciare con tutto il corpo. Il gps mi segnala la posizione della baia, sarebbe impossibile trovarla altrimenti.
Arriviamo alla caletta a notte fonda, Itaca è ancora lì, ma non dove l’abbiamo lasciata. Una delle due ancore ha mollato… per fortuna c’era l’altra.
Stremati ci buttiamo a dormire in spiaggia. Freddo, umidità, pensieri,
battiamo i denti. Non è una notte serena.
Giorno 11-12-13 – 10-11-12 agosto 2011
Alba. Il sole è appena sorto e la baia è ancora completamente al buio.
Occorre tuffarsi in acqua, recuperare la barca e ripartire. Ci violentiamo ed
entriamo in acqua all’ombra dopo una notte molto fredda.
A vela, iniziamo a fare il periplo dell’isola, finché non arriviamo a Porto
Palma.
Un pensiero ai maddalenini che si sono mostrati davvero disponibili nei nostri confronti e agli Adv del CVC; la stessa cosa non posso dire delle persone alla “direzione” del centro, che, al contrario, ci hanno profondamente deluso, soprattutto dal punto di vista umano.
Non consiglio a nessuno che avesse difficoltà di andare a chiedere aiuto al CVC, non hanno la minima idea di che cosa voglia dire “essere solidali”. Un po’ strano per una scuola che si vanta di insegnare ad andar per mare secondo i nobili principi della Marineria.
Le giornate trascorrono lavorando alla barca tutto il giorno, ma alla sera, al tramonto, ci spariamo delle surfate indimenticabili a cala Fico, tra gli specchi dell’1B, il pontile del secondo e Monte Fico all’orizzonte.
Ceniamo sotto una gran luna piena e poi andiamo a far visita ai vari
insediamenti, ormai ci conoscono e veniamo additati come… i naufraghi!
Il tempo di partecipar alla festa di fine corso dell’1Q tra una canzone del sole in terrazza martini e un coro caprerino e siamo pronti a ripartire.
Giorno 14 – 13 agosto 2011
Siamo pronti. Piccola tappa per oggi. Abbiamo appuntamento con GT a Cala Portese. Il vento è però gagliardo, saranno 20 nodi ed è una buona occasione per provare il nuovo fiocco e la barca. Funziona tutto a meraviglia, ma devo confessare il sentimento di paura a rimettersi in acqua dopo i brutti momenti dei giorni scorsi.
Ci facciam coraggio e arriviamo a destinazione, diamo ancora (ovviamente a
vela, da questo momento in poi il motore si rifiuterà di funzionare e ogni
ormeggio, ogni manovra, sarà sotto il segno di Eolo) e, in attesa di GT, ci
scoliamo la bottiglia di vino che mio padre ci aveva regalato da stappare per
quando fossimo arrivati in Sardegna.
Passiamo una meravigliosa serata in compagnia di gente simpatica e allegra
che ci mette di buon umore!
Di nuovo sotto le stelle con animo sereno, ora sarà vacanza allo stato
puro.
Giorni 15-22 – 14-21 agosto 2011
E vacanza siaaaaaaaaaaa! A zonzo nell’arcipelago altra preoccupazione non abbiamo che cercare la caletta che più ci aggrada. Spargi, Maddalena, Porto Pollo, Palau, Punta Sardegna, questo il nostro perimetro di navigazione.
Giusto un giretto all’ospedale de La Maddalena per un ginocchio sospetto del mio
collega e poi riprendiamo il nostro ozioso girovagare.
Tappa importante a Porto Pollo, ancoriamo a 10 metri dal centro windsurf e
ci dedichiamo finalmente ad attività serie e proficue; ovvero surfata
mattutina, pausa pranzo, pisolino, surfata pomeridiana, aperitivo in spiaggia,
rito del saluto del tramonto sul tetto del Rupi, festone, perdita di conoscenza
conseguente, ritorno in barca via windsurf ubriachi, alta percentuale di cadute
nei 10 metri da percorrere, tutti a letto col sorrisone.
Ma esploriamo anche un po’ l’arcipelago, rimaniamo affascinati da Cala
Corsara (surfata anche lì) e festeggiamo il 15 di agosto tra la testa della
strega e le canne d’organo. Tanti motoscafi, ma anche velisti simpatici.
Venerdì, il 19, ci cominciamo ad avvicinare a Palau, navigazione al tramonto, senza fretta. Intorno ci sfilano i motoscafi e le barche a vela (a motore) che non vogliono perdere l’aperitivo e la serata, noi invece seguiamo il vento che ci sta portando a Mezzo Schifo.
Diamo ancora accanto a una barca a vela dalle forme conosciute. Senza saperlo abbiamo ormeggiato accanto a dei nostri amici! Grazie anche al loro tender (ahhhhhhhh quanto è comodo il tender invece che tuffarsi in acqua di notte!!!!) andiamo a Palau a sbrigare un po’ di faccende per la nostra partenza e ci concediamo una sontuosa grigliata di carne come Dio comanda. Lo stomaco ringrazia.
Il giorno dopo sistemiamo la barca al suo ormeggio segreto e ci separiamo da lei.
La cosa che ci mancherà di più sarà dormire negli scafi, cullati, nel sacco a pelo, vista cielo.
Aloha!